Questa lettera aperta nasce da un fatto tanto semplice quanto inaccettabile: nel 2025 il Ministro per le Disabilità, On. Locatelli, utilizza ancora termini offensivi e discriminatori per parlare di noi sordi.
Nel recente messaggio istituzionale intitolato “5,2 milioni di euro per ipoacusia”, volto a sostenere l’accessibilità e la piena partecipazione di noi persone sorde, attraverso risorse destinate a progetti concreti sul territorio italiano, appaiono espressioni come: “ipoacusia”, “persone con ipoacusia”, “persone con protesi acustiche” e “persone con impianti cocleari”.
Siamo nel 2025, eppure continuiamo a leggere comunicati governativi che utilizzano terminologie ormai superate, sia culturalmente che giuridicamente.
Nonostante i progressi in termini di consapevolezza sociale e l’evoluzione verso un linguaggio più rispettoso di tutti i cittadini, e nonostante l’adesione dell’Italia alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, la comunità sorda continua a vedere ignorate indicazioni fondamentali in materia di rispetto e valorizzazione della propria identità culturale e linguistica.
È evidente che l’uso di certi termini – sebbene ancora diffusi nel linguaggio comune – alimenti stereotipi che la Federazione Mondiale dei Sordi (WFD), riconosciuta dall’ONU e rappresentativa di circa 70 milioni di persone sorde nel mondo, insieme alla comunità sorda italiana e all’Ente Nazionale Sordi, combatte da decenni.
Tali espressioni perpetuano false credenze e rappresentazioni dannose, ostacolando una reale inclusione.
Se l’obiettivo è davvero l’inclusione, occorre partire dalle parole: sono le prime barriere da abbattere. Non basta stanziare fondi se, contemporaneamente, si utilizzano espressioni che la comunità sorda non riconosce né accetta.
Le parole scelte – soprattutto a livello istituzionale – hanno un peso enorme. Certi termini rafforzano stereotipi, ostacolando la piena realizzazione dei nostri diritti e impedendo all’Italia di compiere un autentico passo avanti verso una società inclusiva, mantenendo viva un’ignoranza sociale che molti altri Paesi stanno già da tempo superando.
Senza alcuna intenzione di offendere nessuna donna – è bene precisarlo – ma per rendere ancora più semplice e immediato il concetto: sarebbe come se il Governo Meloni, rivolgendosi alle donne, utilizzasse sempre classificazioni come “donne single”, “donne sterili”, “donne con figli”, “donne divorziate”, “donne affette da cancro al seno”, “donne vittime di violenze”, “donne affette da altre patologie” – frammentando così la dignità e l’unità di un’identità collettiva. Non si parla delle loro condizioni cliniche, ma semplicemente della loro identità di donne. Lo stesso vale per la comunità sorda.
Allo stesso modo, non ha alcun senso che il Ministro per le Disabilità continui a distinguere, nei comunicati ufficiali, tra persone sorde, persone con ipoacusia, persone con protesi acustiche o persone con impianti cocleari.
Soprattutto, non si comprende come sia possibile che da parte di esponenti udenti – inclusa la Ministra – si continui a perpetuare stereotipi che danneggiano la comunità sorda.
Siamo sordi, punto, anche perché la Legge n. 95 del 20 febbraio 2006 ha stabilito la sostituzione del termine “sordomuto” con “sordo” in tutte le disposizioni legislative.
Questo principio si estende naturalmente ad altre espressioni considerate offensive e non riconosciute dalla comunità sorda, come “non udenti”, “disabili uditivi”, “audiolesi”, “ipoacusici”, “persone con problemi d’udito”, “affetti da ipoacusia”, e ogni altra formula che riduca l’identità sorda a una mera condizione clinica o a un’etichetta dovuta a un’ignoranza sociale non ancora superata.
Tale attenzione deve valere anche per il linguaggio adottato dal Governo Meloni, incluso il Ministero per le Disabilità e tutte le Pubbliche Amministrazioni, che – in quanto istituzioni – hanno il dovere di rappresentare un esempio nell’applicazione della legge e nella promozione di un linguaggio rispettoso, aggiornato e inclusivo, indirizzando così il popolo italiano verso una maturità sociale più elevata.
È utile ricordare che la Convenzione ONU incoraggia espressamente il rispetto della terminologia scelta dalla comunità sorda (Art. 24, comma 3, lett. b; Art. 30, comma 4). Questo significa che il Governo e le Pubbliche Amministrazioni non possono attribuirci liberamente termini diversi, anche se ritenuti “filosoficamente” più belli: l’effetto stereotipante rimane.
Già da anni, molti Paesi del mondo hanno adottato correttamente il termine “sordi”, riconoscendolo come espressione dell’identità culturale e linguistica, mentre in Italia, purtroppo, si continua incomprensibilmente a utilizzare termini superati e non riconosciuti dalla comunità sorda.
È motivo di profonda delusione constatare che, nonostante le nostre numerose segnalazioni, il Ministero per le Disabilità continui a perpetuare narrazioni errate e lesive.
Per questo motivo, Vlog33 si rivolge direttamente al Presidente Meloni, affinché venga finalmente riconosciuta la necessità di adottare un linguaggio aggiornato, rispettoso e fondato sul termine corretto: “sordi” – come previsto dalla normativa italiana e raccomandato dalle convenzioni internazionali.
Vlog33, insieme alla comunità sorda, continuerà a contrastare ogni forma di disinformazione e rappresentazione distorta, promuovendo rispetto, consapevolezza e dialogo, nella convinzione che una società civile non possa prescindere da una corretta rappresentazione delle differenze.
Ultimo, ma non meno importante: il contenuto della presente lettera è già stato pubblicato sul nostro sito ufficiale e sulla nostra pagina Facebook Vlog33, nella consapevolezza che, come già accaduto finora, le nostre istanze continuano a essere sistematicamente ignorate in assenza di un chiaro sostegno o di una reale vicinanza istituzionale. Lo facciamo con due obiettivi:
1) Costruire una documentazione storica dell’indifferenza istituzionale verso tali appelli, sistematicamente ignorati e resi invisibili, per le stesse ragioni già denunciate nella nostra precedente lettera aperta “I pregiudizi e le discriminazioni contro i lavoratori sordi: nelle amministrazioni pubbliche un problema culturale da abbattere“, pubblicata sul sito Vlog33;
2) Affidare al futuro il giudizio sulla storia che oggi si sta
scrivendo, in cui, purtroppo, permane ancora la tendenza a etichettare le persone sorde con termini superati.Ci auguriamo che il Governo Meloni comprenderà l’importanza di questo necessario cambiamento, fondato sulla Legge n. 95 del 20 febbraio 2006 e sulle norme della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Stato, affinché nessuno possa più schermirsi politicamente dietro presunte migliori filosofie per giustificare l’uso di termini non riconosciuti né accettati.
Il Consiglio Direttivo di Vlog33
Manuel Alesi, Annamaria Amato, Chiara Rinaldi
Spett. Consiglio Direttivo Vlog33,
gentili Manuel Alesi, Annamaria Amato, Chiara Rinaldi,
ringrazio per il vostro cortese messaggio che mi sottopone una questione giusta e certamente di valore. Ritengo che ogni disabilità meriti e attenda in primis un vocabolario più rispettoso.
Per questa ragione mi impegno a sottoporre il tema – che voi mi avete così bene descritto – ai colleghi della XII Commissione Affari Sociali al fine di intraprendere ogni iniziativa utile ad evitare ogni nuova discriminazione, anche (ahinoi!) da parte del Ministero per le Disabilità.
Un cordiale saluto,
On. Chiara Braga